lunedì 17 gennaio 2011

Perché ci spostiamo nelle città? Perché torniamo alla Natura? Ragioni di un conflitto.


La dimensione urbana è l’unica occasione per milioni di persone, oggi come ieri, di uscire dalla povertà e al tempo stesso di usufruire dei servizi minimi. Non si può dimenticare che la città moderna, a differenza delle città preindustriali, fu prima di tutto una forma di aggregazione involontaria e disperata, effetto della disoccupazione derivante dalle campagne e del loro iniquo sfruttamento. E’ stato cosi nell’Europa del ‘800 quando migliaia di braccianti si spostavano nelle città dormitorio costruite intorno alle industrie e si ripete oggi in India, Cina, Brasile. L’economia capitalista e lo stato centralista, ostacolando lo sviluppo dei servizi igienici e sociali nelle comunità locali, costringono all’esodo dalle campagna i nuovi poveri. Le favelas di molte metropoli, prive di servizi igienici, sociali ed in mano alla criminalità, sono il sogno di un centro che si espande a singhiozzo rispetto a periferie senza confini.
Nei paesi occidentali invece, quando le necessità economiche e sociali sono soddisfatte, il naturale fenomeno è il ritorno alla campagna, a zone inurbate o a basso tasso di antropizzazione. Il moto dell’ecologismo, inteso come fenomeno culturale, è prima di tutto consapevolezza del bisogno di riappropriarsi di beni non economicamente misurabili, e tuttavia minacciati, come aria, acqua, suolo, biodiversità. L’espansione delle nostre metropoli minaccia gli ecosistemi di confine e la Natura in generale, alimentando inoltre la scissione culturale dell’uomo dalla Natura.
Da sempre dimensione dell’esistente e delle attività umane, in un mondo che brevetta il riso in India e si prepara alle guerre per il controllo dei flussi d’acqua in Africa, la Natura è oggi il bottino più ambito. Più lo sfruttamento aumenta, più il bene naturale diventa raro e quindi economico.
E’ importante affermare che non c’è liberazione dallo sfruttamento, giustizia sociale e pace per l’essere umano fuori dalla Natura. Le nostre culture e le nostre felicità sono collegate ai nostri territori e a quelli di culture che speriamo un giorno autodeterminate. Spacciata come soluzione ai problemi dell’uomo, l’espansione della città è invece oggi il più grande pericolo perché tale sistema resta ad alto tasso di consumo, alto tasso di inquinamento e eterotrofo. Quest’ ultima considerazione è fondamentale perché apre una finestra sul conflitto intrinseco tra città e campagna, centro e periferia, servizi e beni primari.
IL nostro compito è quello rifiutare ogni conflitto prefiguratoci tra umano e naturale, con la consapevolezza di non volere giardini nelle città ma servizi nella Natura.
For the wild,
Mar.tu. – Earth First! Roma