lunedì 7 febbraio 2011

Spot Eni: un castello di sabbia sporca


(tratto da: Lumachina, ECOWIKI)

LINK VIDEO:http://www.youtube.com/watch?v=2YLzAnTB5-A&feature=player_embedded

Il nuovo spot Eni punta all’etica di impresa e cerca di cancellare, come fossero tracce sulla sabbia, anni di nequizie. Il filmato, realizzato da realizzato da TBWA\Italia, si avvale della bravura a dipingere con la sabbia di Ilana Yahav.

Internazionalità e’ una parola interessante.
I popoli non si incontrano, semmai i loro territori vengono attraversati dai gasdotti, i loro mari dalle petroliere. Quando noi italiani li incontriamo di persona, gli altri si chiamano profughi ambientali e se non hanno un contratto di lavoro li respingiamo. Internazionalità per Eni significa essere una multinazionale che compra energia agli stranieri e la rivende agli italiani.


Ricerca e’ una parola più difficile, che richiede passione.

Qui si aprono vari sottintesi: partiamo dalla ricerca petrolifera e dalla passione per i microfossili indicatori dell’esistenza di un giacimento. Questa accoppiata suscita una umanizzazione del marchio aziendale caricata sulle spalle dei (pochi) geologi che lavorano con passione. La passione delle segretarie, degli agenti di borsa, dei burocrati, degli espropiatori, dei posatori di tubature, dei militari armati a difesa dei pozzi non avrebbe reso altrettanto bene l’idea.

Di segno opposto e’ la passione dei poveri cristi sulla cui pelle Eni lavora, che so, gli abitanti del Delta del Niger che da anni soffrono per il gas flaring delle ciminiere? Lo sfruttamento delle sabbie bituminose o la coltivazione della palma da olio in Congo?
Senza andare lontano, abbiamo il DDT nel Lago Maggiore e il mercurio nel latte materno a Gela, grazie ad Eni.

Rispetto e’ una parola indispensabile.Concordo.