sabato 13 dicembre 2008

Dietro le polemiche italiane sul clima...

Le polemiche portate avanti dal governo italiano rispetto alla firma del trattato sul clima rispecchiano, oltre ad un forte del legame con gli interessi dell'industria a scapito della persona, un vuoto culturale ed una scarsa capacità di analisi economica della crisi che stiamo vivendo.
I più autorevoli economisti di stampo liberista si sono espressi in maniera chiara: l'unico mondo per far uscire l'economia dalla crisi è rinnovarla. E rinnovarla, secondo le ricette che hanno dato, significa alzare i salari ai lavoratori affinchè spendano, investire sulla ricerca universitaria affinchè produca innovazione, ridurre le emissioni ed incentivare le nuove energie pulite affinchè i costi delle fonti primarie restino bassi e le industrie si possano riaffermare a livello internazionale.
Dietro le varie analisi un dato di fatto c'è: l'economia si sta rigenerando nel solco della sostenibilità ecologica e negli anni futuri questo fattore sarà fondamentale nella competizione fra aziende. Nel ridurre le emissioni di CO2 l'Unione Europea sta cercando di avvantaggiarsi in questo senso: un industria "a forte impatto ambientale" è destinata per i numerosi costi che si troverà davanti a fallire a vantaggio di quelle "a basso impatto".

Ciò che leggiamo sui giornali non parla solo del vuoto culturale della classe dirigente italiana rispetto alle tematiche ambientali ma di una generale incompetenza nell'affrontare un trapasso storico del mondo dell'industrializzazione verso un'auspicata rivoluzione ecologica. Questa non è certo solo il frutto della sensibilizzazione verso le tematiche ambientali ma l'ultimatum che la biosfera e le Terra ci impongono, al di fuori del quale per l'umanità non c'è futuro.