lunedì 12 ottobre 2009

Cecilia...

Cecilia, era una ragazza bellissima. Quando passava, la gente si fermava per inebriarsi del suo profumo d’arance e limoni, i suoi capelli dorati colpiti dal sole avevano lo stesso colore del grano, il suo sorriso faceva palpitare i cuori dei giovani carusi. Lei era figlia di Costanza e Federico, due nobili normanni. Purtroppo il padre morì quando lei era piccola a causa di un malore improvviso e la madre nonostante fosse distrutta dalla perdita dell’amato marito, si dovette risposare con un ricco mercante, noto per la sua falsità ed avidità: Don Italo Stivali. Questi era anche lui vedovo ed aveva avuto da altre mogli 14 figlie e 5 figli. Cecilia venne sempre bistrattata da Don Italo che ne riconosceva la straordinaria bellezza ma che per lei aveva altri progetti: voleva prima maritare le altre figlie e poi le se ci fosse stata l’occasione. La povera ragazza era malvista dalle sorellastre invidiose che le facevano dispetti, le strappavano i vestiti e la maltrattavano in continuazione ma lei sempre buona e gentile evitava di rispondere o di fare scherzi a sua volta ma sorrideva e andava via. Però Cecilia soffriva, il patrigno la costringeva a stare chiusa in casa e non le permetteva nemmeno di andare in chiesa la domenica: il prete veniva a casa la faceva confessare le dava l’ostia sacra e dopo averla benedetta se ne andava. Un giorno Don Italo portò a casa un suo amico, Don Giuseppe, che non appena vide la bella Cecilia se ne innamorò all’istante tant’è che il giorno seguente si presentò da don Italo a chiedere la mano della figliastra. Questi cercò di dissuadere Don Giuseppe da prendere in sposa la giovane Cecilia proponendogli di sposare qualcun’altra delle sue figlie come Tosca, Umberta, Campana, Emilia, ma lui testardo voleva solo Cecilia. Allora don Italo tristemente per non fare uno sgarbo al suo amico acconsentì e gli diede in sposa la giovane. Cecilia nonostante non fosse particolarmente attratta da don Giuseppe era molto contenta perché vedeva in quest’uomo l’unico modo di liberarsi dalla prigionia del patrigno. Ma purtroppo per la povera Cecilia non andò come lei sperava. Il 4 aprile lei e don Giuseppe furono sposati da Mon. Arcangelo nella chiesa del paese e tutto il paese in festa partecipò alle nozze e alla festa. Era felice Cecilia tanto felice. La madre piangeva, le sorelle invidiose si rodevano il fegato e don Italo sorrideva falsamente a chiunque gli facesse le congratulazioni per il matrimonio della figliastra. Dopo la cerimonia don Giuseppe portò la sua nuova moglie nella sua dimora. Una villetta in campagna con una distesa immensa di campi rigogliosi pieni di alberi da frutto e un orto pieno di ortaggi di qualsiasi genere: carote, patate, insalata, cipolle, pomodori e tanto altro. Poi aveva anche tantissimi animali: pecore, mucche, cavalli, capre, galline, maiali e asini. Cecilia credeva di essere in un sogno. Per i primi mesi don Giuseppe si mostrò gentile e carino con lei poi cambiò totalmente: si dimostrò dispotico, severo, avido, meschino insomma tale e quale a don Italo. Cecilia nei primi 4 anni di matrimonio diede alla luce tanti figli ben 8: 5 masculi e 3 fimmine. Queste 3 erano maltratte e non considerate, dal loro padre. Donna Cecilia (si ora non era più una ragazza era diventata una donna), però era molto affezionata a loro perché vedeva in loro una grande forza e intelligenza: la prima si chiamava Zancle e le due gemelline più piccole Dina e Clarenza. Il padre però preferiva a loro i fratelli perché più forti e gagliardi, loro avrebbero portato avanti il suo lavoro, le figlie invece erano soltanto un grande peso. Non appena i figli si fecero abbastanza grandi per seguire il padre nei viaggi di lavoro cominciarono a partire con lui e per mesi e mesi sparivano lasciando alla povera Cecilia la gestione dei campi e dell’orto. Insieme a lei Zancle, Dina e Clarenza si occupavano della casa e facevano in modo che non andasse tutto distrutto.
Purtroppo un giorno a casa di donna Cecilia arrivò un amico di don Giuseppe al quale suo marito doveva dei soldi. Lei purtroppo spaesata non seppe cosa dirgli perché non vedeva il marito ormai da tanti mesi e non sapeva come potergli restituire questi soldi visto che lei non aveva niente a parte i terreni. Quest’uomo molto arrabbiato disse a donna Cecilia che se non avesse avuto subito questi soldi avrebbe chiamato i gendarmi. Preoccupatissima disse all’uomo che se voleva lei poteva darle una parte di quel grande bosco sulle collinette intorno alla casa che era di loro proprietà. L’uomo accettò e tutto contento cominciò ad abbattere gli alberi e lì vi costruì la sua dimora. Donna Cecilia lo avvertì di non costruire un grande casa perché sotto quei terreni passava un torrente che si ingrossava ogni volta che pioveva e quindi c’era il rischio che la terra sotto il grande peso della casa e la completa mancanza di alberi franasse. Egli non la stette a sentire e costruì un enorme castello a 5 piani grande dieci volte la villetta di donna Cecilia. Si pensi che da mezzodì in poi il sole non batteva più sulla piccola villetta.
Dopo un mese il marito ancora non era tornato e un altro amico di don Giuseppe si presentò a casa di donna Cecilia chiedendo dei soldi che gli doveva il marito. Lei allora diede anche a lui un pezzo di quel bosco però lo avvertì di non costruire una casa troppo grande come aveva fatto con l’altro amico; ma anch’egli non la stette a sentire e contentissimo accetto l’offerta e costruì un castello più grande di quello dell’altro amico. Questo castello aveva 7 piani ma anche una grandissima strada lastricata che collegava il castello a tutti i paesi vicini. La villetta di donna Cecilia sembrava sempre più piccola.
Dopo due mesi il marito non era ancora tornato e nemmeno aveva scritto alla povera moglie dove e come stava. Venne un altro amico di don Giuseppe che chiese sempre dei soldi ma questa volta erano veramente tantissimi. La povera donna Cecilia disperata gli diede tutto il resto del boschetto, i pascoli e gli alberi da frutto e si tenne solo la piccola villetta e una parte dell’orto per poter coltivare quel poco che le bastava per campare insieme alle tre figlie. Avvertì quest’uomo nello stesso modo dicendogli le stesse cose che aveva detto a gli altri due prima di lui. Non gli importò niente bruciò tutti gli alberi e vendette tutti gli animali e costruì due castelli a 10 piani con tantissime strade che collegavano tutti i paesi della regione a questi castelli e fece una grande piazza in cui due volte al mese vi era una fiera e un grande mercato in cui tutti i mercanti vendevano la propria merce.

Dopo un anno il marito ancora non era tornato e Cecilia era preoccupata e continuava a scrivere all’ultimo indirizzo che le aveva lasciato: via Ulpiano 11, Convento della Santa Protezione, Urbe.
Gli scrisse sempre di tutto quello che accadeva e quello che lei vendeva per pagargli i debiti con gli amici ma non sembrava preoccupata dalle costruzioni imponenti.
Due mesi dopo cominciò a piovere ininterrottamente. Donna Cecilia cominciò a preoccuparsi, ma nessuno dei suoi nuovi vicini sembrava essere allarmato da questa pioggia continua. La notte del terzo giorno di pioggia si sentì un forte botto. Il castello del primo amico stava per sprofondare nella melma e così gli altri castelli. Dalle colline dove erano situati i castelli cominciò a scendere a valle una grande colata di fango, verso la villetta di donna Cecilia. Lei svegliatasi a causa del rumore si alzò e vide la grande colata di fango arrivare verso la casa allora prese le bambine e corse fuori dalla casa ma Zancle, non in braccio alla madre come le sorelline, cadde e rimase dentro la casa sommersa dal fango. Donna Cecilia che non si era curata di controllare se Zancle era accanto a lei si disperò. Arrivato il giorno e calmatasi la bufera, Dina e Clarenza cominciarono a scavare in cerca della sorella. La madre stava dormendo dietro un cespuglio distrutta. Scavarono per giorni e trovarono la sorella in fin di vita ma ancora viva. Zancle era viva! Ma aveva la gamba sinistra rotta e quindi non poteva camminare. Allora le due sorelline la presero in braccio e la portarono dalla madre che la cominciò a coccolare e a medicare. Incredibilmente dopo qualche ora arrivò anche il padre con i fratelli poiché aveva saputo dell’accaduto. Ma Dina, Clarenza e la malata Zancle non riuscirono a mostrare affetto e gioia nei confronti né del padre ma nemmeno della madre. Entrambi si erano comportanti scorrettamente con loro: il primo abbandonandole per tantissimo tempo; la seconda non curandosi del danno che aveva causato alla terra circostante vendendola senza scrupoli, per pagare debiti che avrebbe potuto pagare con i soldi che lei aveva risparmiato negli anni e che aveva nascosto nel materasso e che teneva per poter comprarsi nuovi vestiti e suppellettili.
Forti dolori avevano procurato la negligenza della madre e l’assenza del padre ma grazie a Dina e Clarenza, Zancle, ritornò a camminare.
Solo con la tenacia e la forza di reagire si riescono a rimarginare le ferite.
Zancle sa che sempre si rialzerà; Zancle ora sa che bisogna combattere le ingiustizie; Zancle sa chi la vuole uccidere e chi la può salvare.

Mummia - EF! Roma